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copertinaVol5

 

(…) Ritorna con noi il nostro critico musicale Ricky Barone: di cosa parliamo questa volta? Questa volta parliamo di un disco di canzoni dialettali bresciane diventato ormai un appuntamento tradizionale per i bresciani: si tratta del disco prodotto da PalcogiovaniGoi de contala?, giunto ormai al quarto episodio. Un disco che offre un quadro piuttosto esaustivo della musica dialettale bresciana. Certamente. Il perno del disco è come sempre Charlie Cinelli, che oltre a interpretare due brani partecipa come arrangiatore all’intero progetto, aggiustando e ritoccando quando necessario e dando come sempre un ottimo apporto musicale. Ci sono poi tutti i migliori interpreti locali del dialetto, da Daniele Gozzetti a Piergiorgio Cinelli all’inossidabile Francesco Braghini ad un grande gruppo, La Banda del Ducoli, complesso camuno guidato da Alessandro Ducoli già noto a livello nazionale. C’è anche il beatlesiano Rolando Giambelli che presenta una versione bresciana di “And I love her” un brano dei Beatles che diventa “Me g’ha ole bè”. Si, anche quest’anno i Two of us, il gruppo composto da Rolando Giambelli e dal figlio Alessandro, si cimentano in una cover dialettale dei Beatles. Non me ne voglia il bravo e simpatico Rolando ma la mia etica mi impedisce di accettare queste operazioni. Credo che i Beatles non meritino queste versioni indegne, per cui al buon Rolando assegno senza problemi la maglia nera del disco. La maglia rosa invece a chi la faresti indossare? Certamente Charlie è il grande regista di questo disco, e anche le due canzoni tradizionali che interpreta sono ottime. La canzone però che secondo me merita la maglia rosa è “Mosèt” della banda del Ducoli. E’ un brano strepitoso, suonato alla grande e reso con un climax altamente suggestivo. Tra l’altro è proposto nella lingua gaì, la lingua parlata un tempo dai pastori di montagna e ormai in disuso. La banda del Ducoli è un complesso straordinario, già noto a livello nazionale, che merita veramente un grosso plauso. Altri brani che suggeriresti. Bello anche quello di Daniele Gozzetti con gli Archidamo che cantano “Le onde del lac”. Gli Archidamo sono un gruppo specializzato nel repertorio popolare, con la voce e la chitarra di Annamaria Di Lena, la fisarmonica del maestro bettini il flauto di Enzo Santoro e la batteria di Eugenio Piovanelli. Il brano deriva da una leggenda lacustre in bilico tra Benaco e Sebino: la soria racconta di una principessa rinchiusa dal padre nella torre del palazzo per impedirle di vedere il suo innamorato. Disperata la principessa si butta nelle onde del lago. Come sempre molto ironico e intelligente anche il brano di Piergiorgio cinelli, “La bala” e piacevole anche la canzone di Paolo Cicuta, con un testo interessante. Per concludere quale brano hai scelto di farci ascolare? Ascoltamo Charlie Cinelli e la bella voce di Ivana gatti nel brano “Mariettina”. (…)

 

 

 

 

PALCO GIOVANI

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Dialetti, gerghi, suoni

 

(…) mpiomàcc nòs masér, samòm a pontà ‘l gaì (…) Significa “siamo stati capiti, troviamoci per mutare il gergo”. Perché la scelta di usare il Gaì per cantare delle canzoni? Questa scelta è riconducibile a due motivi principali. Il primo ovviamente è legato alla musicalità che lo contraddistingue da ogni altra forma dialettale alpina. Il secondo è legato proprio alla sua continua mutabilità, quasi una lingua di contrabbando. Un gergo da cambiare per non essere capiti da nessun altro. Certamente interessante se si pensa che i musici di oggi vivono quasi di contrabbando (di note musicali ovviamente) e rischiano la stessa estinzione dei padri del Gaì, i Tacolér (pastori).

 

Ecco cosa scrivono gli autori delle poche e quasi irrintracciabili pubblicazioni sul Gaì. (…) il gaì non è un sottodialetto, non è una falsa lingua e non è nemmeno una lingua segreta. Il Gaì è semplicemente una lingua diversa, un gergo di mestiere come tanti altri e poiché i gerganti appartengono tutti ad una stessa classe sociale, la classe degli emarginati, è una lingua di classe (…). C’è un altro aspetto interessante che viene riportato in “Gaì, Gavì, Gaù di Vallecamoncia e delle valli bergamasche” (Giacomo Goldaniga; 1995). Goldaniga scrive: (…) la creatività linguistica dei pastori ha fatto sì che il Gaì non fosse mai un linguaggio statico, ma continuamente mutevole. I pastori generalmente parlavano poco, solo l’indispensabile per farsi capire tra loro e comunicavano poco col mondo esterno, tuttavia quando si accorgevano che alcune parole erano divenute troppo comuni le sostituivano (…).

 

Alessandro Ducoli ha provato a studiarne le forme e i significati cercando di trasformare in canzone il gergo.

 

curidur

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

GOY DE CÜNTALA

(IV edizione, 2004; La Banda del Ducoli)

 

Mosèt (1 luglio 2004)

 

Lorenzo Lama, chitarra

Renato Saviori, piano

Arky Buelli, batteria e percussioni

Giuseppe Dalia, baghèt

Massimo Saviola, basso

Alessandro Ducoli, voce

Registrato, missato, editato e masterizzato all’Arkuy Buelli Studio da Arky Buelli

 

L’ültima bestia placàda

La solènga la trapèla à l’embrüna

Arbalèla ramengàda al lissù

Sghibiàda e biscùsa, sanàda.

 

L’è samàdandei pass balengàch

Caserùna de tücc i moséch

L’è placàdandün òtra riséra,

Caseràda de tücc i Gardù.

 

Zümela ramengàda a bandù

La solènga fa solnèch la baiùsa

Arbarèla, l’è pontàda à la dùa, lampiùsa

L’è samàdandei pass balengàch

Caserùna de tücc i moséch

Placàdandün òtra riséra,

Caseràda de tücc i Gardù.

 

I slàca l’ha burìt‘l margòt

D’un gnöfèl samàtnd’üna caróa

La culpa l’è dell’innocenza, de l’arlìa.

 

Sbasìla per al nos Caserù

Per al Fiöl ch’èl ga gobà la Crus

Ramèla per al nos Spàer

Sbasìla per al Casér de Tücc.

 

Lupo (traduzione)

 

È l’ultima bestia nascosta

Quando la solitudine arriva con l’oscurità

Un ombra scende al fiume

Veloce, fremente, affamata

 

Arriva che si muove con passi impazziti

La Regina dei lupi

Nascosta in una altro villaggio

Dentro il Regno di tutti i demoni.

 

Sorella scesa da sola,

La solitudine fa impazzire la cagna

Ombra che spunta al tramonto, la luna

Arriva sugli stessi passi impazziti

La Regina dei lupi

Nascosta in una altro villaggio

Dentro il Regno di tutti i demoni.

 

Dicono che ha preso al collo

Un figlio scappato al sentiero

Colpevole dell’innocenza, della paura.

 

Uccidetela per il nostro Padrone

Per il figlio che ha portato la croce

Catturatela per il nostro Signore

Uccidetela nel nome di Dio.

 

Fratello Lupo (versione in italiano; 30 aprile 2004)

 

La luna e il fiume.

L’ultima bestia nascosta

Tra i legni di questa foresta

Ombra che attraversa il fiume, ancora

Per uccidere senza ragione, sola.

Si nasconde in un altro Creato

La Regina di tutti i suoi frati

Dentro il regno delle mille creature

Il rifugio che nasconde il Demonio.

 

Sorella lasciata da sola, nel bosco

Ombra che si muove ancora, scura

Si nasconde in un altro Creato

La Regina di tutti i suoi frati

Dentro il regno delle mille creature

Il rifugio che nasconde il Demonio.

 

Dicono che ha preso al collo

Un figlio della nostra terra

Colpevole dell’innocenza della paura.

 

Voi prendetela nel nome di Dio

Per il figlio che ha portato la croce

Uccidetela nel nome del Padre

Per il padre del nostro Creato, di Dio.

 

GOY DE CÜNTALA

(V edizione, 2005; Alessandro Ducoli)

 

Trapèla  l sère (1 luglio 2004)

 

Mario Stivala, chitarra

Paolo Filippi, piano

Teo Marchese, percussioni

Veronica Sbercia, voce

Alessandro Ducoli, voce

Registrato, missato, editato e masterizzato al Cavò Studio da Paolo Filippi

 

Mandèla scàvrina dint’al röf

Trapèla  l sère, s’enguàcia ‘l granüs

S’entriga la slüssande la slüsera

Baitèla tambüsa, scvarinùs.

 

Mandèla ‘l röf, ‘l gagiarà

S’el triga trabàsca le scavrenpize

S-ciarus samàt ch’el fìca ‘l vél

S-ciarus ch’el pontà la dumà.

 

Mandèla ‘n gaòs, slacàtndel böss

Tüch i bislàcc pontach de borlàcc

Che i ràsa i mòch, i refilèr

Resùr bastarch e camoi codèr.

 

Mandèla biancusa, sbertèla  scarnàda

I böscarà böss i nòs magàm

Lampiusa l’ampontà, sirònda l’è sconta

Micùluse a bràndòsndela desèrta.

 

Balùrde sgaside a badentù

S-ciarùse, longhine e smagamàcc

Mandèlega ‘n sofio sulla guàgia

Sciaùna slàcada, gagèra camùna

 

Arriva il freddo (Traduzione )

 

Lentamente, un legno nel fuoco

Arriva il freddo, il fumento riposa

L’acqua è ghiaccio nella fontana

Il nostro rifugio è nascosto nel bosco.

 

Lentamente il fuoco, mi piace

Se si spegne rivolta i tizzoni caldi

Il giorno è andato, scappato via

Un nuovo giorno per domattina.

 

Lentamente una parola nel silenzio

Per tutti i ragazzi diventati soldati

Che odiano i servi, i traditori

I padroni bastardi e i gendarmi codardi.

 

Lentamente la neve arriva

La porta è serrata

La luna è piena ma il confine è nascosto

Un milione di stelle nel prato aperto.

 

Momenti perduti, lasciati andare

Giorni e mesi regalati

Un bacio lento sulla bocca

Una fiaba raccontata, la mia amante.

 

Partigiani fucilati (versione originale in italiano; (27 ottobre 2001)

 

Aggiungi un legno dentro il fuoco

Un po’ di fiato sulla brace

Arriva il freddo sulla schiena

Si ferma l’acqua dentro il fiume.

 

Aggiungi un legno se ami il fuoco

Quando finisce, ricominciare

Ridare fiamma da consumare

Un altro giorno che finisce.

 

Aggiungi una voce alle parole

Di tutti quelli che hanno fame

Se odi il mondo che non capisce

Che si nasconde e si compiace.

 

Ma sul balcone si chiude un fiore

Dentro nel fuoco un legno brucia

Scende la notte e si porta il gelo

Un milione di stelle, in mezzo al cielo.

 

Tutto il tempo che ho sprecato

molte volte era dovuto,

fai un cenno con la bocca

se hai capito cosa cerco”.

 

GOY DE CÜNTALA

(VI edizione, 2006; Alessandro Ducoli)

 

Curidùr (1 agosto 2006)

Alessandro Ducoli, voce e chitarra

Chitarra registrata al Rumore Bianco da Piero Villa

Voce registrata da Valerio Gaffurini a “LA Factory”.

Missato, editato e masterizzato alla Factory da Valerio Gaffurini

 

Spire di Sole, la sera s'enbrüna

Nòm à la büsa à spetà la sbadòfìa

L'importante non è, se la tacola sama

Quando arrivano i camoi, pöl rüà scavrinade, per me.

 

“…

Luce del nord, la foresta è più chiara

Nella fine dei giorni porterà la risposta …

Morirà il cacciatore che non vuole fermare

La mano.

 

Voglio essere cane, voglio essere cervo

Voglio essere falco, tutto quello che corre

Via lontano da voi e dalla vostra schifosa bugia

 

Bambina dei boschi, la mia danza del sole

Il poeta dei ladri è figlio delle tue Alpi

Larice sacro, dür per dürà, Curidùr

…”

 

Dialetto Gaino, pivre, pastur

Tacola, pivre, dialèt e gaì

Ventidue, cinquequattro, Napoli e Roma

Ottosei, ventidue, sulla ruota di Roma

Ventidue, cinquequattro, ottosei e pastur

Sei e cinque su Roma, ottosei e gaì.

Sei e cinque su Roma, ottosei e gaì.

Sei e cinque su Roma, ottosei e gaì.

Sei e cinque su Roma, ottosei e gaì.

 

 

GOY DE CÜNTALA

(VIII edizione, 2008; Alessandro Ducoli)

 

Fèro (5 gennaio 2007)
Ducoli, voce e chitarra. Valerio Gaffurini, il resto. Suoni campestri a cura di Michele Laffranchini (“Ragazze ai Tre Re”). Registrato al “XTR Studio di Adro da Valerio Gaffurini e Claudio Lancini (10 ottobre 2008)

Ol màdro badentér
masér "il barlafüs"
Me simedrio comandato
Da un ingrato lazzarone
Impiltrà la slacadüra
Perchè serve per il pane
Ofiardù s-ciainrù
Il tuo segno del bastone

La fame, la scabiera e la misera
Sono solo il caro prezzo della tua cattiveria
A mandèl benevolenza

masér lo "spaerù"
Ringraziare solo il mulo
E al garolfo "calci in culo"

La fame, la sete e la misera
Sono solo il caro prezzo della tua cattiveria
Questa ingrata e inarrivabile fortuna
Sono solo il chiaro segno che la tua sorte non è buona
Io che sono solamente un servitore
Sono sempre più sicuro che la colpa è solo tua


Fèro (5 gennaio 2007)

Sono un vero cialtrone
Sono io il più coglione che mi lascio comandare
Da questo ingrato lazzarone
Mi tocca imparare come parla
Perché serve per mangiare
Quell'avido ingrato

La fame, la sete e la misera
Sono solo il caro prezzo della tua cattiveria
Avanti con la tua "generosità"
Lo "spendaccione"
Ringraziare solo il mulo e a me, calci in culo

La fame, la sete e la misera
Sono solo il caro prezzo della tua cattiveria
Questa ingrata e inarrivabile fortuna
Sono solo il chiaro segno che la tua sorte non è buona


Io che sono solamente un servitore
Sono sempre più sicuro che la colpa è solo tua

 

GOY DE CÜNTALA

(XVI edizione, 2017 The Barbagianna’s)

 

‘l fià de la tera

DAGLI OCCHI DI UN CIELO DI MAGGIO … QUALCHE GOCCIA

IL PENSIERO DI UN UOMO SOLINGO …. NELLA PIOGGIA

E LA TÈRA NÉGRA LA CIACULA … AMÒ DE PÀS

 

SCÀMPUI DE PRÀ SGUBUGNÀ

MENDÀ CU LE RÜSCADE DE MÀ …

CHE LE SFRUDEGA IN FONDO AL SACCO … LA SUMÈNSA

 

PER DAGA SPERANSA A LA LUS)

NASCOSTA TRA LE PICCOLE NÌ…ULE PIENE

 

ECCO COME PASSANO GLI ANNI

CUME BRÀNCHE  DE FURMÈNT

SPARENGADE ‘N DE LA TERA ‘NGORDA

SPRECATE ‘N DE NA GANA DI SASSI

MA MÌGA FÀS PIEGÀ DA L’ÒRA …

L’ANIMA DIVENTA PIÙ FORTE … E SICURA

 

… EL SE DESFÀNTA ‘L TEMPURÀL …

… E LA LUS CHE LA TROA … LA SUA GLORIA …

… E DAL SOLCH MANZERA’ …

… COME UN’ANIMA NUDA …

… ‘L ME PAR DE SINTÌ … ‘L FIÀ DE LA TERA

 

(Testo Giancarlo Sembinelli; musica Alessandro Ducoli)

 

GOY DE CÜNTALA

(XV edizione, 2016; The Barbagianna’s)

 

Le tue ma’

Le tue cuma bücc de ita

‘n de le sacòcie della mia esistènsa

Le tue ciòche de ‘nsòmie e de stèle

 

Le süga le lagrime de ‘n viér a fadìga

Le tue cuma ‘l saór de ‘l

Apéna leà de me

 

Le tue mani come l’acqua che la sgórga

Dalle pieghe dell’amore, le tue mani

Anima, speranza ed emozione

Certezza della sera che la rüa

 

(Testo Giancarlo Sembinelli; musica Alessandro Ducoli)

 

GOY DE CÜNTALA

(XVIII edizione, 2023; The Barbagianna’s)

 

La Ghidasa

Scundulùna cuma i gàcc e cuma i gàcc la gira de nòt

I so àbér cuma ‘l sanch … i àbér rós

La mantilìna l’è pustàda le spàle

E cun i bràcc encrusà la tègna cià

Chèl che na òlta ‘l fàa góla a tucc i zöégn

E ‘l finìl ‘l dientàa ‘n mumènt per fa braciöle

E rubàga i basì de niscós … de sfros

E chèla istìna a fiór che se ultràa

Per vidìl paradis … ‘l paradis de l’amór

E per dusmentegà da che bànda ‘l giràa

Da che bànda ‘l giràa ‘l mónt

Per fermàll quart d’óra de la pàs

I le ciàma l’è la fómna l’è la fómna de le ‘nsòmie,

De le ‘nsòmie e de le stèle de l’amór le so

E co’ i sgrìsui ‘n fónt a la schèna

Adès che i agn i-a segnà le bèle sguànze

Ma chi öcc bló

Cuma ‘l ciél de primaéra i grégna amò de passiü

Quanch’ el bófa ‘l vènt del dopumesdé

De chèl lüi sbrasilì da ‘l sól

E ‘l tórna ‘n mènt chè la finestra sbalnacàda de cólp

E tuch i bòce de niscós dré de ‘l sambüc

I spiàa chè la sutàna de

Stranfugnènta la sutàna ricamà a ma’

La lassàantraidì tuch i dòss e le ài

l candór de che la lüna la sua pèl

E nel bósch ‘n dèle nòcc scüre

 

I le ciàma la Ghidàsa l’è la fómna de le ‘nsòmie

I le ciàma la Ghidàsa l’è la fómna de le stèle

E l’acqua frèsca … la pasàa

L’acqua frèsca … che la pasàa

Per tuch i cunvài … la pasàa

Per tuch i cunvài … de la ìta

 

(Testo Giancarlo Sembinelli; musica Alessandro Ducoli)

 

 

 

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